Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

domenica 25 dicembre 2011

Weast: le foto dell'anno.

(c) weast 2011 / Dadaab (Kenya): le conseguenze della carestia in Somalia.

(c) weast 2011 / Città di Gaza: le conseguenze della guerra nella Striscia.
(c) weast 2011 / Cairo: Piazza Tahrier

(c) weast 2011 / Tunisi: appena uscito dalla Libia. Chiamami. 

sabato 24 dicembre 2011

Vite di giornalisti

L'articoletto riportato qui di seguito basta da solo a denunciare i crimini contro la libertà di stampa e di informazione. Ma non soltanto. Denuncia pure il silenzio scandaloso delle redazioni che accettano il sacrificio dei giornalisti di terreno che pagano con la loro vita o con le svolte del loro destino la chiamata al mestiere che attraversa le vene del loro corpo. Solo nutrimento è il racconto delle vite degli altri. Weast Productions e i suoi collaboratori esprimono in questa sede la piu' decisa protesta contro chi tratta i giornalisti come criminali e in tutti modi cerca di tappare loro la bocca e di accecarne gli occhi. Soltanto chi tace - anche fra i confratelli - acconsente.
(c) weast 2011
In data 24.11.2011

giovedì 22 dicembre 2011

Immagini e dissidenza.


(c) 2001 Giornale del Popolo, 20.12.2011



Versione italiana del mio intervento (in inglese...) alla serata organizzata dalla Camera di Commercio del Canton Ticino all'Hotel Parco Paradiso (Lugano-Paradiso) il 19.12.2011. 

E’ l’ora dei telegiornali. Le sette, le otto, le nove di sera. Come parlare del mondo ? Lo mostriamo com’è o lo trasformiamo in una cena da digerire rapidamente ? Senza le immagini che disturbano, disturbano davvero ?

Vogliamo un mondo digeribile ? Un mondo take-away ? Pago, prendo, consumo. Quanto voglio. E se non mi piace, lo butto.

Punto interrogativo. Enorme.

Alla ricerca di risposte. Questo, signore e signori, è il mio obiettivo questa sera.

Sono un reporter che racconta le guerre. Invio, nelle case della gente, racconti da zone investite dalla guerra e di persone imprigionate dentro la guerra.

Ma combatto anche la mia guerra personale.

Credo nella forza delle immagini. Nell’energia sovversiva delle immagini.

Ci siamo abituati alla frase che le immagini – alcune immagini – sono INSOSTENIBILI. E a causa di questo peso, che ne asserisce la loro improponibilità, decidiamo (decidiamo ?) di non mostrarle. Non sto parlando di immagini necessariamente brutali. Sto parlando – sto specialmente parlando – di dolore, ingiustizia, prepotenza, violenza, sopprusi, emarginazione sociale, economica. Anche questi contenuti, apparentemente, rendono le immagini insostenibili.

Chi prende questa decisione (la decisione di non mostrare queste immagini) ? Basandosi su quali paramteri ? Parametri personali, professionali – giornalistici -, morali, etici, sociali ?

Questa domanda è condannata a restare senza risposta. Nessuno sa o vuole dirci perché alcune immagini non vengono mostrate, perché vengono giudicate improponibili.

Insostenibili (improponibili) per chi prende la decisione di non  mostrarle o per chi queste immagini divrebbe poterle vedere ma non le vedrà mai ?

Il giudizio giornalistico, etico, morale non è altro che una maschera. Per coprire, direi piuttosto nascondere la verità.

Quale verità, chiedo io ?

La mia risposta è : l’energia straordinaria delle immagini, la forza rivoluzionaria e sovversiva delle immagini. Questa è la verità custodita dentro ogni immagine.

La verità è nelle immagini. In ogni singola immagine. La verità, signore e signori, non è un pezzo giornalistico di carattere argomentativo. La verità non è spiegazione. La verità è evidenza.

La verità è nell’assenza di parole. Cio’ che non sopportiamo, cio’ che non osiamo sopportare, portare, sostenere nel momento in cui decidiamo di non mostrare una immagine è l’energia di questa immagine.

Questa energia, se lasciata libera, puo’ cambiarci. Ci rende capaci di sentire gli altri, di sentire con gli altri. Crea il miracolo di una sottile, magica comunicazione fra noi, gli spettatori e osservatori, e l’immagine. Fra noi e il contenuto di una immagine.

Questa magia puo’ spingerci a rifiutare il mondo cosi’ com’è. L’energia rivoluzionaria delle immagini puo’ provocare una rivoluzione nel nostro modo di vedere e vivere il mondo. Puo’ trasformarci in rivoluzionari.

I centri di potere dell’informazione, che sono collegati con altri centri di potere, politico, economico eccetera, non hanno alcun interesse nella rivoluzione. La rivoluzione è fastidiosa, pericolosa. La rivoluzione minaccia lo status quo.

La rivoluzione minaccia l’idea che il mondo sia davvero come ce lo mostrano i telegiornali.

Il mondo non è cosi’.

Ho parlato di rivoluzione, signore e signori. Della rivoluzione dentro le immagini. Parliamo ora di rivoluzione, della rivoluzione in Egitto. Una fra le tante.

Abbiamo trascorso un anno ricco di avvenimenti. Siamo stati testimoni della primavera araba, dell’insurrezione araba. Questo straordinario movimento esploso in Africa del nord e giunto fino in medio Oriente è ancora davanti ai nostri occhi.

Sono stato in Libia, Egitto, Tunisia. Ho parlato con rifugiati siriani, li ho visti arrivare in Libano e in Turchia. Ho incontrato giovani attivisti siriani che cercavano disperatamente di fare uscire dal loro paese le immagini che avevano filmato. Per lasciarle libere di raccontare la verità.

Il Medio Oriente sta cambiando. Non sarà mai piu’ com’era prima.

La primavera araba riguarda la politica, la democrazia, non c’è dubbio. Eppure, per chi vi è parla, è equivalsa, sin dagli albori, alla scoperta del soggetto, dell’individuo. Questo è il mio punto di vista personale, l’angolo dal quale osservo gli eventi che stanno modificando il Medio Oriente.

Le popolazioni nei paesi arabi stanno manifestando e combattendo per il loro valore di individui. La rivoluzione, o dovrei dire : le rivoluzioni, sono una espereineza straordinaria che ha condotto i cittadini alla scoperta del loro valore individuale di soggetti.

La rivoluzione è una esperienza collettiva, è vissuta collettivamente.  Tuttavia all’interno di questa collettivitàogni persona ha la sua voce. Ogni persona è diventata un soggetto. Giovani, uomini, donne : tutti hanno fatto l’esperienza della propria rinascita. Sono rinati come individui, come soggetti che osano dire quello che pensano, cosa vogliono e soprattutto cosa non vogliono.  

Il nuovo cittadino del Medio Oriente è l’essere umano inteso come soggetto, come progetto di vita, come potenziale. Siamo ancora di fronte a un processo fragile : ci sono state elezioni stravinte dai movimenti islamici, c’è un esercito (in Egitto) che commette crimini,  c’è inquietudine e insicurezza (in Libia), ci sono scontri armati e morti ogni giorno in Siria, eccetera.

Tutto puo’ ancora cambiare. E la situazione puo’ senza dubbio peggiorare. E tuttavia non c’è ritorno da un risultato acquisito : dall’ «io sono».

Questo è il nuovo Medio Oriente : la gente ha scoperto il proprio valore, nascosto, soffocato per anni e anni, manipolato dai governi locali e dalle superpotenze mondiali.

La primavera o le primavere arabe hanno portato la gente da un’era del NON parlare a un’era nuova del PARLA FINO A CHE TI RIMANE VOCE.

Ci vorrà del tempo per sistemare le cose, per reinstaurare una sorta di ordine, che pero’ non va inteso come la supremazia dello stato poliziesco sull’ndividuo. La gente non lo accetterebbe piu’.

La primavera araba è un esempio per le democrazie occidentali. Dovremmo tutti e sempre richiamare i nostri governi alle loro responsabilità. Dovremmo sempre verificare che le nostre democrazie – le cosiddette democrazie modello – funzionino davvero come tali.

Dovremmo insegnare la primavera araba nelle scuole. Dovremmo portare, nei programmi scolastici, la storia mentre si sta facendo.

La primavera araba è stata (e lo è ancora) documentata in maniera preponderante da immagini registrate con i telefonini.

Questo fatto ci dice due cose. Primo: la scoperta del soggetto nel corso delle rivoluzioni arabe va di pari passo con la scoperta della soggettività. Vedo il mondo con i miei occhi e voglio mostrarlo a altre persone. Cosi’ come lo vedo io.

Secondo : le immagini possono davvero fare la rivoluzione. Le immagioni non soltanto mostrano o hanno mostrato la rivoluzione. L’hanno fatta, l’hanno fatta circolando nel mondo. Queste immagini sono state lasciate libere di esprimere la loro energia sovversiva. La loro energia rivoluzionaria.

Le abbiamo viste in modo particolare sul web. New media. La televisione arriva in ritardo. Troppo in ritardo. Forse irrimediabilmente troppo tardi.

I telegiornali della sera non hanno mostrato tutte le immagini della rivoluzione araba (cosi’ come non avevano mostrato in precedenza molte immagini di altri fatti relativi al Medio Oriente) : alcune di queste immagini erano state giudicate insostenibili, troppo forti.

Ora, credo che voi ormai sappiate come la penso : queste immagini non sono state mostrate perché erano troppo vere. Perchè il loro contenuto diceva la verità, mostrava la verità. E la verità, signore e signori, quando è raccontata con le immagini, è sembre fastidiosa.

Queste immagini rivelano che le popolazioni nei paesi arabi non sono masse incapaci di vivere in una democrazia moderna, come molti pensavano e ancora pensano.

Sono soggetti. Soggetti appena nati.

La vita, per loro, è difficile ma entusiasmante.

Un mio caro amico, che vive a Kabul, Afghanistan, fra Humwees americani che sfrecciano per le strade e organizzazioni umanitarie inefficenti, un giorno mi disse : « E’ molto dura vivere qui. Ma che cosa possiamo farci ? La vita è obbligatoria ».

Le primavere arabe ci mostrano che la vita puo’ essere anche straordinaria. A condizione che sia data la possibilità di viverla da protagonisti.

Vi ringrazio.

venerdì 2 dicembre 2011

La Somalia alla Statale di Milano

(c) 2011 weast



Ho avuto l'onore e il piacere di essere ospite all'Università Statale di Milano, questa sera, per parlare di guerra, profughi e Somalia e mostrare al pubblico fotografie che documentano il dramma dei profughi somali in fuga dalla guerra e dalla carestia. A posteriori, di nuovo grazie agli organizzatori - in particolare alla professoressa Cristiana Fiamingo - per lo spazio dedicato al racconto della vita chi nasce già dimenticato.

martedì 29 novembre 2011

La primavera dello sguardo.

Guardate questa fotografia. Dietro, in secondo piano, c'è un cameraman giapponese (non si vede, ma credetemi: è giapponese), con la sua enorme telecamera + cavalletto e tutto il resto. Dimenticatelo pure. Sta facendo il suo lavoro, ma non ci interessa. E' li' per dare senso, nel contrasto, al resto. E ora guardate chi sta in primo piano: tre ragazzini (dimentichiamo il ragazzo più grande sulla destra). Due hanno il telefonino, l'altro (sinistra) una piccola telecamera messa peggio della mia caffettiera messa malissimo. La primavera araba è tutta qui. La rivoluzione araba è in questa immagine, con i suoi elementi: sguardo, testimonianza, denuncia, soggetto (nel senso di individuo attore della propria vita, esistenza). E' una delle mie foto recenti preferite. Il ragazzino sulla destra, quello in centro: occhi serissimi e attenti, come a dire vi stiamo osservando, registrando. E le nostre immagini saranno proliferate sulla rete, nelle case di tutti, e se va bene anche in TV. Testimoni, tutti quanti. In prima linea. Appiccicati alla realtà. Testimoni di realtà. La primavera araba ci insegna che la realtà vissuta da protagonisti con gli occhi aperti si trasforma, da parete in cemento armato, in realtà interpretata (e quindi: non più subita) e soprattutto raccontabile. Quando racconti una storia con le immagini, puoi cambiare la realtà.


(c) 2011 weast

Io voto.

Il voto in Egitto, 28.11. Qualche scatto. Complessità. Foto a fine serie: caffè e sigarette dopo il dolce da Groppi. Titolo: Ex voto.

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domenica 27 novembre 2011

60 minuti.


Reto Ceschi

Domani sera non prendete impegni. Su RSI 2 alle 21 precise
Reto Ceschi conduce 60 minuti. Questa volta il suo magazine è dedicato all'Egitto. Per imparare la disobbedienza dalla rivoluzione araba.  Ci saranno ospiti interessanti. E ci sarò anch'io, dal terreno. Passaparola. Passaparola ogni lunedì! Ve lo ricordero' su Twitter.
(c) 2011 weast. Piazza Tahrier: la creatività è dissidenza.

Immagini di una giornata (di lavoro)

Soltanto l'indicazione del copyright per queste immagini, scattate il 26.11 al Cairo e nei dintorni. Il resto lasciato ai percorsi del pensiero che decifra i messaggi inviati dalla vita degli altri. Immagini. Libere di respirare. E di vivere.

(c) 2011 weast

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venerdì 25 novembre 2011

I morti per vicini

(c) 2011 weast
Questa donna sola con i suoi bambini. Il marito è morto ed è diventato un vicino di casa: la donna  ritratta nella fotografia si chiama Reda Awad e vive in un cimitero del Cairo, insieme a migliaia di altre famiglie, i piu' poveri fra i poveri. Hanno per vicini i morti. La rivoluzione non ha cambiato la loro vita. Non ancora, mi ha spiegato Reda. Ma per una volta sarà libera di non votare, perché, aggiunge, non conosce nessuno dei candidati e nemmeno i loro programmi. In passato, infatti, il suo voto è sempre stato comperato, per pochi soldi, da candidati a cui non importava nulla di lei e di queste persone: volevano soltanto un seggio in parlamento. Domani sera su RSI 1 al Telegiornale delle 20 verrà trasmesso il soggetto intero, dedicato al lavoro di un giovane che dedica il suo tempo a portare la democrazia a questi egiziani dimenticati da tutti.

(c) 2011 weast

giovedì 24 novembre 2011

La rivoluzione con le Tod's

(c) 2011 weast
La rivoluzione in Egitto è riuscita a compiere un altro miracolo: dopo aver cacciato Hosni Mubarak ha strappato alcune signore del quartiere bene di Zamalek ai loro cappuccini e macchiati caldi serviti negli  eleganti caffè dove ammazzano il tempo. Sono scese in piazza. Che botta di adrenalina. Non erano molte, va bene. Ma portavano, oltre alle Tod's e alle Hogan, qualche manifesto. "Fermate il gas": un appello alla polizia e all'esercito che da giorni utilizzano uno strano gas dalle conseguenze anche letali sulle persone, un gas molto aggressivo. I testi li hanno scritti di proprio pugno, le signore, senza chiedere alle domestiche, che essendo filippine o altro, avrebbero potuto fare qualche errore, non si sa mai. Sulla scena della protesta le signore sono giunte con tanto di autisti. Che se ne stavano guardinghi vicini alle machine: pronti a sgommare al primo sentore di gas.

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mercoledì 23 novembre 2011

La prima linea della protesta.

Il fronte degli scontri, Cairo, 23.11.2011

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