Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 30 settembre 2013

Auguri!

Volevo dirlo sul blog: grazie Naima Chicherio per il tuo lavoro e il tuo impegno alla Weast. Domani, 1° ottobre, inizi una nuova avventura. Si chiama: informazione di RSI. Uhuhuh.... Un po' mi girano le palle, a dirla tutta: perché è già arrivato ottobre, okay, l'ho detto, va bene? Mi girano, tuttavia, soprattutto perché penso a quando ci lavoravo io, e cristosantissimo fai due conti e ti accorgi che qualche anno è passato. Non ho nostalgia di quel posto. Ho nostalgia di quegli anni. Le notizie mangiano la vita. Cosa vuoi fare, vecchio babbeo, tornare indietro? Non ci penso nemmeno! Venti secondi di intenerimento, me li posso permettere, no? Posso? Puoi. Grazie.
Auguri Naima. Fra tutti, anche questo: che tu possa passare il minor tempo possibile seduta a una scrivania. Alza le chiappe. Sempre! Il mondo non si racconta mai abbastanza. E mai da seduti.



domenica 15 settembre 2013

Foggy.

Un lettore mi manda questi scatti. Scrive che alcuni sono forse troppo brumosi. Li pubblico uguale, anzi proprio per questo: quando vedi la nebbia significa che stai iniziando a guardare per davvero. E sul serio. 







mercoledì 11 settembre 2013

Tempo da vendere.

Se tornando a casa vedi uno che prende a morsi l'asfalto, uno che gli infila dentro i canini e i molari e tutta la schiera di soldatini vestiti di bianco (oddio, piuttosto di un giallo canarino, diciamo) potresti e anzi dovresti chiederti se: 1. hai un problema neurocognitivo; 2. il mondo sta cambiando virgola è cambiato.

Pausa. Per dire che: oggi, alla Coop, ho guarito una commessa da tendinite acuta consigliandole (meglio: prescrivendole) acqua e acqua ancora. Bevi, cara, fa bene alle guaine che accolgono i tendini della tua mano destra. Stracotta, lo vedo, dai tasti che per migliaia di volte e ogni giorno come dentro un calcolo mnemonico d'altri tempi le chiedi di schiacciare destinata (destinandola) alla produzione di una infinità di totali incassati.

Pace.

Per dire, ancora: che davanti alla morgue dei surgelati (pesce et carne) ho colto in flagrante una ragazza piuttosto di mezza età: precipitava senza rete su una nota stonata (stonatissima) nell'inseguire (nemmeno una volante con sirena) una melodia che due cuffie avvolte attorno alle orecchie pompavano dentro il suo reticolo neuronale.

La commessa alla cassa, mentre attiva il circuito verso la mia carta EC, confida, a me e in verità a tutti, e quindi alla significativa coda che si era formata: voglio partecipare a Miss Italia.
Io ti voto, le dico. E io pure, le dice un altro. E io idem fa sapere qualcuno da dietro, ma dietro bene nella fila che si autoriproduceva.

Dalla porta elettrica (o simil sliding door) era già uscita - ma in realtà appena - una meravigliosa creatura femminile di cui restava traccia nell'aria appena mossa, come avesse sputato addosso a noi (a tutti noi, senza eccezione) una scarica elettrica.

Una coppia davvero giovane e con due figli litiga (e davvero di brutto) per una borsetta che lui dice "non  serve a un emerito cazzo" e lei invece sarebbe pronta a uccidere pur di averla con sé.

Una signora anziana chiede alla commessa due pacchetti di Marlboro rosse ("benedetta sei tu nei cieli...."), li nasconde senza fretta ma con astuzia nella tasca interna e invisibile della borsetta (nemmeno il portafogli, lì), come un bottino, direi, o come merce da contrabbandare, da nascondere ai segugi umanoidi della dogana, ai loro cani umanizzati e fiutatutto.

Una ragazza tornata da scuola finisce sul suo Smartphone una frase fatta a pezzi dalla fretta e dalla fantasia.

Io ho già pagato da un pezzo. E anche il prezzo.

Sto uscendo dalla Coop. Senza camminare. Galleggio, su queste vite.

Ho, davanti a me, 30 chilometri da polverizzare. I piedi avvolti in sandali spietati. Se la vita fosse soltanto uno spettacolo basterebbe pagare l'entrata. In realtà, devi viverla.  Svolto l'angolo e sono a due metri da casa. Come ho fatto?

Vai a saperlo, amico, come hai fatto. Lo hai fatto, e per oggi potrebbe anche bastare. O no?

C'è uno che mi osserva - fisso - con gli occhi scuri e profondi come le mie tasche laterali. Ha tutta l'aria di volermi raccontare la sua vita.

Fatti sotto, compare e sconosciuto, che spugna sono con tempo da vendere.








martedì 10 settembre 2013

Signora Del Ponte: faccia i nomi!

Qualcuno la fermi. Per il suo bene. Mi è rifinita nel radar in occasione di questa sosta ("forzata") in Ticino. Signora Carla del Ponte, scelga da che parte stare. O sta con l'ONU oppure sta con chi cerca la verità e la dice, tutta, senza giochini, senza rinviare a date che rinviano ad altre date che rinviano ad altre date (la prossima è il 16 settembre). La signora Del Ponte ha scoperto di appartenere a una organizzazione - di lavorare per una organizzazione: l'ONU - che incarna il mondo per quello che è e per come va. È un imbroglio che va per la sua strada.

La signora, ancora, sta con l'ONU. Stare con chi cerca e dice la verità (quello spicchio che vede e raccoglie) significherebbe passare dalla parte dei giornalisti: che non le sono mai piaciuti. E che - in troppi! -  stanno al suo gioco: piegati, al suo cospetto, sotto il peso di una riverenza che ricorda (ma perché?) rapporti monarchici.

La signora Del Ponte ha parlato ieri al Club de la Presse di Ginevra. Non ho sentito una sola domanda giornalistica. Niente. Il vuoto assoluto. Afasia! Non si fa.

Che cosa ha detto l'ex magistrato che ora lavora per la squadra dell'ONU incaricata di fare luce sui crimini contro l'umanità in Siria? Ha detto che in Siria si commettono crimini contro l'umanità, da entrambe le parti. Con la complicità del mondo, in sostanza.

Benvenuta sul pianeta Terra, signora Del Ponte.

Se lei, stimata signora, ha i nomi e i cognomi scritti sul suo taccuino, gentilmente faccia un passo avanti e li tiri fuori, li dica. Alla stampa. A costo di rinunciare (dovrebbe, senza dubbio) al suo mandato.

Sarebbe, a questo punto, in compagnia di noi giornalisti, di quelli, perlomeno, che la storia la stanno raccontando da tempo. Che fanno nomi e cognomi, quando li  hanno. Lo so: non è la compagnia che le piace. Non quando si fanno domande. Quelle vere. Quelle a cui non è possibile rispondere con un "buongiorno" finale. Vedere, per credere, TG RSI del 9 settembre edizione delle 20. Ma è un indizio, uno soltanto, fra i molti sparsi ovunque nel web.



La testa. La sola che ci resta.

La prossima volta che vi dicono che i musulmani (e tutti gli altri NON cristiani) sono pieni strafatti di religione (della loro) come Hemingway lo era di mojito all'Avana, prendetevi 30 secondi per pensare, fare il punto e concludere che, forse, le cose non stanno proprio così. Date un'occhiata:


I cartelloni pubblicitari che riporto sono ovunque in Svizzera, quella italiana inclusa. Fanno parte di una campagna pubblicitaria aggressiva (yes, aggressiva) di due associazioni ecumeniche (pare) con in testa una idea fissa: dio.


Resto corto, vado al punto: è una campagna di reclutamento (ci sarebbe un altro nome, ma questo è il solo corretto). In un periodo come quello che stiamo attraversando (crisi euro, banche, politica planetaria fallimentare, rischio guerra in Medio Oriente, rischio guerra oltre Medio Oriente, rifugiati, gente che ci piace definire diversa da noi che arriva da ovunque, ecc.) ecco che le chiese e - soprattutto - le varie correnti e sette e pseudosette e in sostanza associazioni ufficialmente dedite al lavaggio del cervello altrui escono alla luce o all'aperto. Come un ragno abbandona la sua tela e va a caccia. E ti vengono addosso con una infinita serie di slogan ("Gesù Cristo dice: io sono la luce del mondo") che sono come una boccata mandata giù profonda di fumo potente, vedete cosa voglio dire.... Fumo sballante.

Conosco le terre nelle quali i furbi rinsecchiscono il cervello della gente propinandogli questa ricetta: "l'Islam è la soluzione". A tutto, si capisce. Palle immense. Funziona, però. La gente, che non sa più dove sbattere la testa, accorre. E perde quel poco di testa che le restava.

I cartelloni che vedete riportati qui sopra sono in tutte le città nelle quali vivete e propongono la stessa minestra: la religione (cristiana: si capisce) è la soluzione.

Devono avere un bel po' di soldi per questa pubblicità. Troppi.

Mi piacerebbe svegliarmi domani, farmi un giro per bere un caffè, e scoprire cartelloni diversi che dicono: ragionate, piano piano, mettete in relazione le cose che vi dicono e che vogliono farvi credere, confrontate le notizie. Scavate, leggete e rileggete le dichiarazioni dei politici. E dei preti. E dei gruppi di cristiani che vogliamoci tutti bene purché cristiani o futuri tali (capito?).

Che devastante fesseria. Che imbroglio.

Christopher Hitchens aveva scritto un libro: "god is not great", dio non è grande. Salman Rushdie gli aveva mandato un biglietto per dirgli che quel titolo aveva un aggettivo di troppo.

Non arrivo a tanto. Va bene dio, la percezione del divino come mistero, segreto, spinta alla ricerca di qualsiasi tipo essa sia. Ricerca privata. Non pubblica. Mai pubblica.

Il lavaggio del cervello mai. Mai attraverso una parrocchia, un pulpito, una piazza, una chiesa evangelica, un pastore con 7 figli e la forfora e il maglioncino (sempre quello) comprato nel 1964, mai attraverso il ragionamento fanatico di una che ha visto dio (no doubts) o la certezza che sa di chiuso (di un mondo chiuso) di chi insomma ti fa capire che sei un poverino che ancora non ci sei arrivato. Che la fede è un dono. E se non ce l'hai ti manca qualcosa.

Diciamolo: che palle. La stessa musica, uguale: uguale a quei musulmani che accusano chi non la pensa come loro di essere dei cattivi musulmani.

Non mi piacciono i divieti superficiali. Mi piace, invece, la provocazione.

Quindi, sto pensando a un cartellone, a uno soltanto: USA LA TUA TESTA.

Che figata: usare la propria testa. Senza paragone.







Un burqa al volante.


Quando sorpassiamo una cabrio in autostrada guidata da una signora con la testa infilata dentro un foulard, va bene?, noi maschietti occidentali strafatti di cilindri e cavalli motore cosa facciamo? Tiriamo dritto? Guardiamo dall'altra parte? Facciamo un gestaccio? Chiamiamo la polizia? I servizi segreti? Ci sentiamo a disagio oppure oltraggiati nel fondo del fondo delle nostre radici cristiane?

No. O-o-o-o-o-o. Rallentiamo, ci mettiamo a pari con la cabrio. E lasciamo partire una scarica brutale di testosterone a 95 ottani, eventually 98. O diavolo! Eppure, da un punto di vista empirico, nulla ci fa pensare che questa non sia una donna musulmana. Per quanto ci è dato di capire e per come siamo soliti guardare al mondo e a farlo a pezzi (nel senso di compartimenti), la signora al volante della cabrio lanciata a 140 km/h sull'autostrada è in tutto e per tutto una musulmana. Ha, infatti, il foulard in testa. E nonostante (o forse proprio per questo) noi maschi con due tubi di scarico dietro la macchina (e nella testa) ci calamitiamo attirati da... da che cosa?

Se la signora alla guida avesse i capelli al vento, garantito che ci limiteremmo a sorpassarla col gas a tavoletta per fargliela vedere chi sa guidare! Respira questa nuvola di C02, baby, e comprati una Smart!

E invece, invece: i suoi capelli sono elegantemente nascosti sotto un foulard. E noi, con le vene che pulsano, le pupille dilatate, il cervello che dice "uhuhuhu" rallentiamo per prolungare questa visione insolita e - ammettiamolo - meravigliosa. È una immagine che sa di sfida, di voglia di saperne di più, di vedere di più. Che - per dirla tutta - ci innervosisce perché ci impedisce di acquisire e confermare facendola a pezzi la (solita) immagine di una donna al volante che aspetta un attimo adesso ti faccio vedere chi è il maschio e chi comanda on the road.

Mi hanno detto che fra poco si voterà per decidere se proibire il "burqa" in Svizzera: una parola che, credo, il 99% degli svizzeri non sanno né come scrivere né come pronunciare né tantomeno che cosa significa e da dove culturalmente (NON religiosamente) deriva. Okay, io non voto, per convinzione, per il vuoto che ci sta attorno e che si ostinano a chiamare politica. Però racconto piccole storie. Come quella della signora nella cabrio con in testa un foulard.

Che è, credo, la sola e unica condizione (o posizione) che consente alle signore occidentali (e cristiane) di mettersi nella pelle di una musulmana. Senza pensarci. Ecco: senza pensarci. Pensateci, una volta.

E pensa vedere una signora con il burqa al volante di una cabrio sportiva. Magari targata Argovia. In questo caso, sgommi da scheggia convinto che sotto c'è un uomo. Deve esserci.







Sono carico.

Questa sera lancio nello spazio tre contributi, che parolone, come se costassero una fatica da paura. Saranno un po' come il messaggio radio di un navigatore solitario per far sapere agli amici che c'è ancora. In mezzo a tutta quella straordinaria e ricca solitudine fatta di acqua. Insomma: sono carico. A dopo.